Alcuni importanti motivi ci hanno condotto, dopo un percorso lungo e complesso durato più di un anno, a riaprire il Casale Alba2 nel parco di Aguzzano per restituirlo alla collettività, in opposizione al presunto progetto ICAM presentato dal Ministero di Giustizia. Abbiamo illustrato questi motivi più volte in assemblee pubbliche, volantini, newsletter, pubblicazioni e lo rifaremo ancora ogni giorno nelle attività e nei laboratori che fanno vivere il Casale. Con questa riappropriazione stiamo dando spazio a tutte le iniziative per tutelare il Parco e il territorio da criminali progetti di cementificazione e speculazione edilizia, ad una socialità che sembra smarrirsi nella periferia metropolitana e alla solidarietà nei confronti della popolazione detenuta, a partire dalla condizione delle madri con bambini detenute a Rebibbia.
Il progetto ICAM (Istituto di Custodia Attenuata per Madri detenute) nel Casale Alba2 fu lanciato nel 2008 dal presidente del V Municipio Ivano Caradonna insieme alla consigliera regionale Luisa Laurelli e sostenuto dal PD. Il casale venne così ristrutturato in funzione di questo obiettivo; tuttavia, terminati i lavori a fine 2009, l’immobile venne lasciato in uno stato di completo abbandono e degrado. Le nuove amministrazioni di centro-destra insediatesi nel 2009 (Comune e Regione) nel riordinare i cassetti “riscoprirono” questo “bel progettino” ma si accorsero che per realizzare l’ICAM nel Parco Regionale Urbano di Aguzzano (area vincolata e protetta) avrebbero dovuto ottenere una variazione del Piano d’Assetto. Tale variazione si rendeva indispensabile poiché il Piano d’Assetto del Parco non prevede una tale destinazione d’uso dei casali. L’ente RomaNatura, gestore del Parco, istruì la pratica nel febbraio 2012, completa di osservazioni e controdeduzioni, arrivando alla conclusione che il progetto di istituire un ICAM presso il Casale Alba2 non era compatibile con il Piano d’Assetto. Con la caduta della giunta Polverini il progetto è tornato nel cassetto, pronto per essere rispolverato alla prima occasione elettorale da chiunque (destra o sinistra che sia) voglia darsi un’immagine “sociale”.
Siamo convinti che la scelta di localizzare un ICAM all’interno del Parco sia a tutti gli effetti un pretesto per avviare una speculazione edilizia dei privati all’interno del Parco. La struttura pensata per questo istituto di custodia attenuata è, infatti, estremamente diversa dagli altri ICAM, molto più somigliante ad un carcere che ad una casa famiglia: doppi muri di cinta alti quattro metri, camminamenti che li avrebbero dovuti sovrastare, illuminazione a giorno per i viali del parco, aumenti di cubatura, barriere per impedire la libera circolazione nel parco, sbarre alle finestre, guardie armate.
Più complessi sono i discorsi che stiamo facendo sulla detenzione in genere ed in particolare sulle madri detenute con i loro piccoli. Ragionamenti che sviluppiamo con persone che da anni si occupano di carcere, che hanno vissuto o vivono tutt’ora la realtà carceraria. Pur nelle mille sfaccettature della problematica in questione, crediamo che nessun bimbo debba crescere rinchiuso in una cella, che nessun bimbo debba identificare la propria madre con la condizione di reclusione, le porte blindate, le sbarre, che una sana relazione affettiva ed educativa tra madre e figlio non possa in alcun modo essere mediata da una condizione di militarizzazione e da un regime di sorveglianza. A ciò va aggiunto che gli esigui spazi del Casale Alba2 avrebbero costretto le madri detenute ed i loro bambini in una condizione di costrizione fisica e di limitazione del campo visivo ancor più afflittiva ed umiliante. Ma questo evidentemente era un dettaglio trascurabile per i politici bipartisan che costruiscono la propria immagine elettorale sulla pelle altrui!
E’ da qui che si è iniziato a parlare di carcere e di tutte le forme di detenzione, primo fra tutti l’enorme complesso di Rebibbia che per molti è poco più di un contenitore vuoto, mentre in realtà racchiude dentro di sè realtà differenti, sofferenze, dolore, condizioni disumane. Abbiamo quindi volentieri voluto dar voce alle detenute di Rebibbia, accogliendo la loro proposta di ospitare la “Bancarella Sprigionata”, una piccola proposta di oggetti artigianali realizzati con materiali di recupero e autoprodotti in carcere; abbiamo ospitato, attraverso l’associazione A Roma Insieme, i piccoli detenuti di Rebibbia, in una giornata ludica ricca di attività e di emozioni; a capodanno un presidio di centinaia di persone ha espresso vicinanza a chi è privato della propria libertà. Piccole modalità per esprimere solidarietà concreta a chi intende reagire e sollecitarci a tenere stretto tra le nostre mani l’altro capo di quel filo che non trova ostacoli nelle mura circondariali dei penitenziari.
Per tutte queste ragioni abbiamo concluso che il modello ICAM proposto per il Casale Alba2 è concepito come “un piccolo carcere nel verde” e, essendo di fatto un carcere, è assolutamente inadatto a tutelare il rapporto madre-figlio. Crediamo, inoltre, che continuare a indicare il progetto del Casale Alba 2 come valido in accordo alla legge 62/2011 sulla detenzione attenuata delle madri detenute sia un evidente paravento per giustificare la mancata attuazione della suddetta legge (questa necessita del Piano Straordinario Penitenziario, mai promulgato) ed una profonda mancanza di rispetto nei confronti di tutti, specialmente delle detenute madri e dei loro piccoli che sono ancora rinchiusi dietro le sbarre. Nessuna mamma, nessun bambino deve essere più recluso.
Su Aguzzano e i suoi casali non si specula!
Coordinamento per la Tutela del Parco di Aguzzano
Casale Alba2