31/12 Presidio sotto il carcere di Rebibbia

Il 31 dicembre Radio Onda Rossa e la Campagna pagine contro la tortura organizzano un presidio solidale sotto il carcere di Rebibbia per fare un saluto l’ultimo giorno dell’anno ai detenuti e alle detenute reclusi dietro quelle mura.

Come abbiamo evidenziato nel lavoro di ricerca sulle forme di detenzione (opuscolo scaricabile qui), è importante rompere il muro di silenzio tra il carcere e il mondo esterno, sempre più mondi distanti.

 

A Novembre, durante alcune brutali perquisizioni, anche le biblioteche del carcere sono state notevolmente danneggiate. Questa situazione si somma al blocco di libri, stampe e riviste in 41bis imposto da una circolare del DAP.

Portiamo solidarietà alle persone detenute, rompiamo il blocco!

Porta un libro, compra una scarceranda e dicci a chi vuoi inviarla in carcere.

Ore 10: presidio sonoro. Appuntamento a via Raffaele Majetti

angolo via Bartolo Longo

 

Ore 13: lenticchiata propiziatoria

 

Ore 13.30: alla sezione maschile

 

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“Ma in carcere, Babbo natale, da dove entra?”

 

No, dico, c’è da chiederselo, e per quanto si possa essere di uno o dell’altro bando, voglio dire di quello di Babbo Natale o di quello della Befana il quesito non cambia, anzi, caso mai diventa al quadrato.

Il camino è chiaro che non c’è, per quanta magia abbia in sé il Natale (con inclusione dell’Epifania) le sbarre alle finestre non si squagliano, il vigile perimetro carcerario non si lascia infinocchiare dalla bontà delle renne e del festoso canticchiare dei campanelli e comunque, anche volendo passare per via ordinaria, nel pieno rispetto delle procedure e dei tempi a cui si costringono i visitatori non credo che l’allegro panzone, rosso vestito, avrebbe il nulla osta per i pacchi e pacchetti difficilmente perquisibili.

Comunque per non mettere freno alla mia curiosità gli ho scritto una lettera. Non lo facevo da una ventina di anni (be’ lo confesso, ho smesso tardi di credere alle favole e sinceramente a qualche bella utopia ci credo ancora e col cuore pieno) ma mi è venuta voglia e ho scritto a Babbo Natale.

Non gli ho chiesto nessun regalo ovviamente ma gli ho sollevato la questione di come avrebbe fatto, insieme alla Befana, a consegnare i doni alle bimbe e ai bimbi in carcere.

Non ho ricevuto risposta e non mi sorprende….certo, lui di solito non scrive, quindi ho pensato che magari mi consegnerà la risposta proprio la notte magica in cui tutto è possibile, anche pensare che bimbe e bimbi e le mamme di cui hanno bisogno non debbano, senza se e senza ma, stare in carcere.

Mi chiedo però se sarà cosi netto da rispondermi che basterebbe applicare le leggi già esistenti affinché le mamme condannate non debbano stare in carcere con i loro cuccioletti. Vedeste che belli che sono questi nanetti! Poteste sentire la rabbia e lo sconcerto che ho sentito io la prima volta che ho visto tante piccole bellezze sgambettare attaccandosi alle sbarre, o sentire il morso allo stomaco che mi ha ferito sentendo il pianto, mentre lo immaginavo in braccio alla mamma che provava a calmarlo girando in tondo nella cella da cui non poteva farlo uscire. Poteste sentire le urla e lo spavento quando portano via un bimbo, dalla sua mamma perché compiuti i tre anni deve essere così…

Mi chiedo se Babbo Natale sarà temerario abbastanza da continuare ad affaticarsi anche dopo che l’onda bonaria delle festività sarà passata per avere un giorno la soddisfazione di portare regali ai bimbi che con le loro mamme non dovrebbero più sopportare le privazioni di libertà imposte dalla giustizia. Magari sì, lo sarà e presto le bimbe e i bimbi non dovranno più vedere i nonni o la sorellina solo qualche ora al mese, né rientrare in carcere finita l’uscita con i volontari, né dovranno più credere alla bugia che soffrire faccia parte di un gioco a cui la mamma non si può sottrarre o quell’altra per cui, se Babbo Natale non viene è perché dalle sbarre non passa. Magari presto non saranno più costretti a confondere il tintinnio delicato delle chiavi che li rinchiudono la sera e gli apre il blindo la mattina con quello, magari presto vero, della slitta di Babbo Natale.

una detenuta del carcere di Rebibbia

La “Bancarella sprigionata” (vista da “dentro le mura”)

Il progetto è nato da una causa strettamente contingente: la diminuzione dell’orario di lavoro per molte detenute che ha comportato una notevole riduzione delle già poco sostanziose entrate mensili. Ci siamo poste il problema di come affrontare l’ennesima stretta a spese di chi non ha altre alternative per non gravare sui propri familiari. Ci siamo così confrontate e unendo l’ingegno al materiale riciclato e raccolto, ognuna con le proprie capacità, siamo riuscite a far uscire dalle nostre mani i prodotti che vedete qui esposti. Alla mera, ma necessaria, contingenza economica si è unita fin da subito però la volontà di fare in modo che il progetto fosse un’esperienza condivisa fra tutte, che ciò che se ne ricavava fosse diviso in parti uguali per superare una logica personale in un’ottica di cooperazione e collaborazione, dove il lavoro di una è quello di tutte.

La bancarella con i nostri manufatti ci offre la possibilità di sentire di far parte di una realtà dalla quale siamo state escluse, ci lega alla vita di fuori e in qualche modo parla di noi.- Ogni oggetto dal pupazzo al cappellino è il frutto delle mai e del pensiero di chi vive qua dentro e ci piace pensare che le risate condivise nella preparazione si siano trasmesse su questi lavori ed escano da qui e finiscano nelle vostre case, a testimonianza delle nostre vite vive.

Ci piace l’idea che la bancarella occupi un posto all’interno di uno spazio che tante persone, diverse tra loro, non vogliono cedere a nuovi muri, a nuovo cemento, a nuove sbarre.

Ci piace pensare che chi vi gravita colga il senso dell’inumana ingiustizia di una reclusione, della mostruosa aberrazione di un corpo rinchiuso, ancor più se di bambino. Ci piace pensare che si possa lottare contro la costruzione di un nuovo carcere, contro l’appropriazione dall’alto di un parco di tutte e tutti per renderlo un luogo di sofferenza, di privazione, di alienazione perché altro non sarebbe; perché altro non è un carcere.

E chi è dentro sente battere forte il cuore quando pensa che un passo è stato fatto in questa direzione.

Perché il carcere non è la soluzione.

Le detenute della sezione AS del carcere di Rebibbia