Il Coordinamento per la difesa del parco di Aguzzano si è formato nel gennaio 2012 dopo la notizia di una probabile opera di speculazione che interessa uno dei casali presenti all’interno del parco (Alba2). Il progetto, a firma del Ministero di Giustizia, prevedeva all’interno del casale la realizzazione di un I.C.A.M. cioè Istituto a Custodia Attenuata per Madri detenute con figli fino a tre anni di età. Ci siamo incontrati ed attraverso delicate e controverse discussioni abbiamo analizzato il progetto nelle sue mille sfaccettature.
Il progetto specifico prevede mura di cinta alte quattro metri, una strada carrabile illuminata a giorno, vigilanza armata, deposito d’armi, 16 telecamere. Un carcere in formato ridotto, insomma. Un luogo isolato dal quartiere nel quale isolare le madri con i loro piccoli. Nulla che possa quindi davvero ovviare al terribile impatto psicologico e alle gravissime relative conseguenze di una detenzione subita in tenerissima età. Siamo quindi arrivati a condividere il principio che un bimbo non può crescere rinchiuso tra quattro mura (seppur oltre quelle mura ci sia un intero parco!) identificando la propria madre con una condizione di reclusione né che la relazione affettiva ed educativa possa passare attraverso la mediazione di un regime militare e di chi lo pone in essere.
E’ da qui che noi del Coordinamento per la difesa del parco di Aguzzano abbiamo iniziato a ragionare e parlare di carcere….
Quegli ignoti vicini di casa
….ci siamo resi conto di quanto a noi sconosciuto sia il mondo rinchiuso dentro quelle mura, nonostante il carcere di Rebibbia rappresenti (anche solo per la grandezza della sua mole) una presenza importante nel quartiere.
La crisi attuale ci coinvolge tutti “dentro” e “fuori”.
Alle recluse e ai reclusi ha comportato una drammatica riduzione sia delle opportunità di lavoro all’interno delle mura che dell’ammontare di ore giornaliere lavorative a fronte di uno stipendio (detto “mercede”) già di per sé esiguo.
La ovvia conseguenza è un netto peggioramento delle condizioni detentive che si va ad aggiungere ai gravi problemi di vivibilità determinati dal sovraffollamento, un dato reale riconosciuto ormai da tutti.
Accorciamo le distanze
Abbiamo quindi voluto dar voce alle detenute lì rinchiuse, accogliendo la loro proposta di ospitare la “Bancarella Sprigionata”. Un modo, il nostro, per esprimere solidarietà concreta a chi, con la sola forza di volontà e creatività, intende reagire e sollecitarci a tenere stretto tra le nostre mani l’altro capo di quel filo che non trova ostacoli nelle mura circondariali dei penitenziari.
Gli oggetti esposti sono tutti manufatti delle detenute e per la loro
realizzazione sono stati usati esclusivamente materiali riciclati.
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