Secondo appuntamento internazionale al Casale! Stavolta andremo a scoprire le vicende di uno dei luoghi più conflittuali del pianeta, la
Palestina. Direttamente da quei territori, esperienze di vita e di resistenza in un laboratorio a cielo aperto di occupazione militare.
Cosa vuol dire vivere sulla propria pelle una lenta, inesorabile pulizia etnica.
ore 13 pranzo popolare a sostegno del centro Amal Al-Mustakbal
ore 16 incontro-dibattito con un palestinese del campo profughi Aida
Camp di Betlemme
a seguire proiezione di un documentario sulla Palestina
CENTRO AMAL AL-MUSTAKBAL:
Il centro Amal Al Mustaqbal si trova in mezzo al campo profughi Aida Camp, alle porte di Betlemme.
Il centro, aperto dal 1989 dopo la prima intifada, è nato dall’esigenza di garantire un’ istruzione ai bambini durante la rivolta, nasce ed è tutt’ora indipendente rispetto al circuito della cooperazione internazionale praticando l’autogestione. Inizialmente chiamato Aida school, ha preso il nome Amal dalla fondatrice uccisa dall’esercito israeliano.
I/le giovani del campo profughi, dopo la seconda intifada, hanno iniziato attivamente a partecipare alle attività dandogli il nome Al Mustaqbal: speranza di un futuro. Da quel momento ospita attività come asilo nido per bambin* sotto i sei anni, corsi di danza dabka, corsi di yoga, di lingue e un giorno al mese diventa punto di assistenza sanitaria gratuita. Inoltre rappresenta un riferimento per la memoria e la cultura palestinese, con particolare attenzione alla storia dei villaggi originari.
La memoria collettiva rivive anche attraverso i numerosi murales che circondano il campo e raccontano le storie di tutti i villaggi occupati e ora distrutti (quali ad es. Beit natif occupato il 21.10.1948 dalla brigata Har’el, di 44.5 km2, con una popolazione di 2494 abitanti oppure Al Ma lha, occupato il 15/07.48 dalla brigata Palmach), dei ritratti dei prigionieri politici detenuti sotto ergastolo nelle carceri israeliane, dei vari slogan che inneggiano alla resistenza impressi sul muro della vergogna che circonda il campo.
8 metri di cemento sovrastano Aida camp rinchiudendo i suoi abitanti e dividendoli dal resto del mondo, monitorati ad ogni Km da una torretta armata, dal checkpoint 300 che divide Gerusalemme dal resto della Cisgiordania.
L’oppressione si manifesta nella vita quotidiana, tra le altre privazioni, attraverso la negazione dell’accesso alle risorse idriche: l’UNRWA fornisce una quantità d’acqua al campo insufficiente alla popolazione che conta 5500 abitanti ed in continua crescita.