Valerio Verbano una ferita ancora aperta
23 febbraio ore 18.00 presentazione del libro “Valerio Verbano una ferita ancora aperta” con l’autore.
Accadde a Roma il 22 febbraio del 1980. Tre individui armati e con il volto coperto da passamontagna si presentano verso le 12.30 circa al civico 114 di via Monte Bianco, l’appartamento in cui Valerio Verbano, militante di Autonomia Operaia appena diciannovenne, vive insieme ai genitori. Li sequestrano per circa un’ora, fino a quando Valerio ritorna da scuola e apre la porta di casa alle 13 e 40 e viene immediatamente assalito. Ne nasce una colluttazione che ha termine con dei colpi di pistola. Uno raggiunge il giovane Verbano alla schiena perforandogli l’intestino. Valerio muore ma, da quella terribile data, sarebbero pasati ormai 33 anni senza che al suo nome potesse essere collegato quello degli assassini.
La verità storica e politica è chiara fin da quel giorno per la famiglia, i compagni e le compagne di Verbano: ad assassinare Valerio furono i fascisti.
Ma nessuna verità giudiziaria è stata scritta su questo assassinio.
Un mistero terribile che Marco Capoccetti Boccia ricostruisce con dovizia di particolari: Valerio, prima di morire, stava indagando sul mondo dell’estrema destra romana e raccoglieva materiali che avrebbero dimostrato i legami tra l’eversione nera, gli ambienti della criminalità organizzata romana e gli stessi poteri pubblici, il tutto destinato a comporre un dossier che, evidentemente, costò la vita al giovane militante comunista. Quello stesso incartamento, a suo tempo sequestrato dagli inquirenti, risulta scomparso dagli archivi del Tribunale di Roma. Sono questi gli attori principali presenti sulla scena del delitto: terroristi neri che, insieme a istituzioni silenziose se non addirittura complici, fanno della passione e della morte di Valerio Verbano una ferita ancora aperta.